I Riporti antropici in terra

Il problema dei Riporti Antropici in terra è molto attuale.

Soprattutto in ambito Urbano, lo scavo dei Riporti Antropici in Terra, qualora si opti per la gestione dei materiali secondo il DPR 120/17 e s.m.ei., va gestito accuratamente.

Partiamo dal presupposto che il riporto rispetti i requisiti di legge a livello di contaminazione (antropica o naturale), per cui bisogna solo discutere della natura merceologica del terreno.

Le Leggi

Come detto le leggi di riferimento, nei riguardi dei riporti, sono:

  • D.Lgs 152/06 e s.m.ei., in quanto fonte di legge primaria (Artt. 184, 185 e 186).
  • DPR 120/17
  • Circolare del Ministero dell’Ambiente n° 0015786 del 17 Novembre 2017.

Se il riporto antropico è interamente in terra (senza quinti materiali “diversi“, tipo cemento, plastica…) è possibile, una volta caratterizzato, il suo riutilizzo diretto in sito.

In caso si voglia utilizzare il “Piano Scavi” per allontanare tale materiale, esso è possibile, rispettando tutte le procedure del DPR 120/17.

Diverso discorso se il terreno contiene degli “alloctoni” di origine antropica.

I materiali antropici

L’art. 4 del citato DPR 120/2017 che individua criteri per considerare le terre e rocce da scavo come sottoprodotti, prevede al comma 3 che nei casi in cui le terre e rocce da scavo contengano materiali di riporto, la componente di materiali di origine antropica frammisti ai materiali di origine naturale non può superare la quantità massima del 20% in peso, da quantificarsi secondo la metodologia di cui all’allegato 10.

Oltre al rispetto dei requisiti di qualità ambientale di cui all’art. 4 comma 2, lettera d) , le matrici materiali di riporto devono essere sottoposte al test di cessione, secondo le metodiche di cui al decreto del Ministro dell’ambiente del 5 febbraio 1998, per i parametri pertinenti, ad esclusione del parametro
amianto, al fine di accertare il rispetto delle concentrazioni soglia di contaminazione delle acque sotterranee, di cui alla Tabella 2, Allegato 5, al Titolo 5, della Parte IV, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, o, comunque, dei valori di fondo naturale stabiliti per il sito e approvati dagli enti di controllo.

In primo luogo, occorre valutare se il riporto per la natura e le modalità di deposito non integra la fattispecie della discarica abusiva ovvero possa definirsi un riporto “storico”.

Nel primo caso si entra nel campo della Rimozione Rifiuti e Bonifica Sito Contaminato.

Nel secondo caso, può fornire un’utile indicazione quanto riportato, a titolo esemplificativo nella nota del MATTM 13338 del 14/5/2014, che chiariva che le disposizioni di cui all’art. 3 del dl 25 gennaio 2012, n.2 devono ritenersi
unicamente applicabili ai riporti “storici” ovvero formatisi prima dell’entrata in vigore del DPR 10 settembre 1982 n.915.

La stessa nota, a titolo di esempio, ricorda che alle modalità tipiche della
fattispecie della discarica abusiva sono riconducibili la irreversibile trasformazione dello stato dei luoghi e l’ingente quantitativo di rifiuti oggetto ripetuti e sistematici abbandoni.

Le procedure

La procedura di controllo dei Riporti Antropici con materiali “alloctoni” deve prevedere:

  • Controllo Terreni ex allegato 4 del DPR 120/17
  • Test di Cessione su riporto (con le modalità prima ricordate)
  • La componente di materiale di origine antropica frammista al materiale di origine naturale non deve superare la quantità massima del 20% (allegati 9 e 10 del DPR 120/17)
Dal Documento ISPRA

La determinazione di questo 20% diventa assolutamente essenziale.

ISPRA, con delibera 54 del 2019, ha illustrato, tra le altre cose, le linee guida per la determinazione della percentuale del materiale di origine antropica nei riporti.

In pratica di stratta di redarre, in primis, un Piano di Campionamento dei Riporti Antropici, in modo da arrivare ad uno o più campioni statisticamente rappresentativi dell’intero areale dove si trova il riporto.

L’intero documento lo potete leggere qui !

Il Piano di Campionamento va condiviso con l’ARPA (e gli altri Enti) competente per la zona dove sono stati rinvenuti i riporti.

Una volta approvato dagli Enti, si procederà al campionamento in contraddittorio, alla fine del quale si otterrano le classiche 3 aliquote (1 per il Privato, una per ARPA e la terza da aprirsi in caso di contestazioni).

Il risultato della valutazione del Privato andrà trasmesso ad ARPA, che emetterà un parere finale, condiviso con tutti gli Enti.

In base a ciò si procederà con lo scavo del riporto antropico

Dato che tutti questi passaggi comportano una notevole perdita di tempo, si consiglia di gestire i piccoli riporti direttamente come rifiuti.

Al contrario la procedura verrà applicata nelle opere di maggiore importanza, con movimentazione di grandi volumi di terreno.

In ogni caso bisogna farsi seguire da tecnici specializzati, come quelli di Foldtani.

2 pensieri su “I Riporti antropici in terra

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